Come è partita la tua esperienza a Pechino Express? Prima di intraprendere la corsa, conoscevi Son Pascal?
La mia avventura a Pechino Express è partita quasi per caso. Credo che la produzione avesse letto alcune mie recenti interviste e così un giorno mi vedo arrivare su Facebook un messaggio dalla direzione casting del programma che mi chiedeva se fossi interessato a prendere parte ad uno dei loro show. Devo ammettere che per me la TV italiana ormai era quasi del tutto sconosciuta: già la seguivo poco quando ancora vivevo in Italia, dopo la mia trasferta cinese ormai avevo perso ogni contatto con questa realtà. Quindi Pechino Express era per me del tutto ignoto. Quando per la prima volta mi sono messo in contatto con la produzione e mi hanno spiegato un po' in cosa consistesse, mi sono immaginato il classico reality pilotato. Poi sono stato invitato a Milano dove mi hanno lasciato visionare un episodio della scorsa edizione. L'ho apprezzato quasi immediatamente, era divertente, adrenalinico, fuori dagli schemi dei classici meccanismi del reality. Ho raccolto un po' di informazioni: tutti mi hanno garantito che era un programma con una precisa anima e molto apprezzato, oltretutto l'avventura che veniva raccontata era al 100% vera e reale. Quindi mi sono detto: perché no? Non è un film di arti marziali ma è sempre qualcosa legato all'avventura e all'azione che io amo tanto. E così ho accettato.
Venendo a Pascal no, non lo conoscevo e il nostro primo incontro credo sia durato una quindicina di minuti negli uffici di Milano, una decina di giorni prima della partenza. Poi ci siamo rivisti direttamente alla partenza. Siamo stati come due eroi di due mondi diversi messi insieme all'improvviso col compito di collaborare e sopravvivere ad una grande avventura. Il fatto di non essere già amici né di conoscerci reciprocamente nemmeno a livello professionale ha reso il tutto più interessante e divertente. Io ormai sono nato col cinema e la mia mente lavora sempre su binari fantastico/cinematografici. Mi sono sentito come il Jackie Chan di "Rush Hour" al fianco di Chris Tucker. Direi che il sottotitolo italiano di Rush Hour calzava a pennello anche per noi: "Due mine vaganti insieme per forza, sempre che prima non si eliminino a vicenda". Sapere di esserci completati a vicenda e sapere che abbiamo funzionato alla perfezione è davvero una grande soddisfazione.
Seppur in gara assieme, tu e Pascal avete vissuto la gara in due modi diametralmente opposti: uno in maniera più zen, l'altro in maniera più aggressiva. Siete riusciti sempre ad andare d'accordo oppure ci sono stati dei momenti di incomprensione?
Siamo due persone agli antipodi. Io ho veramente pochissime paure, tanto meno temo la sconfitta o ho paura di perdere. Direi che la vittoria del programma non è mai stata nemmeno tanto importante per me. Ero la per vivere una bella avventura e mettermi alla prova: dal lato umano e da quello fisico relativo alle prove da affrontare. Ritengo che se sai usare il cervello puoi permetterti di camminare anche davanti ad un avversario che corre, perché alla fine chi corre farà di sicuro uno sbaglio e tu lo sorpasserai senza problemi. Le continue vittorie dei killer dei film dell'orrore si basano proprio su questo concetto e, anche se li è fiction, io ritengo che nella vita reale funzioni esattamente allo stesso modo in certi ambiti. Ansia, fretta e poco sangue freddo ti portano a commettere errori. Pascal al contrario è l'opposto di questa mia visione: molto competitivo, agguerrito e con una grinta pazzesca. C'erano volte in cui lo riprendevo perché secondo me si agitava troppo anche quando ormai era palese la nostra vittoria di tappa. "Risparmia le forze e rilassati" gli dicevo. C'erano altre volte in cui lui riprendeva me e mi diceva di correre e di non sentirmi troppo tranquillo. Sono stati però brevi momenti che non sono mai sfociati in litigi e cose simili. La nostra forza è stata proprio quella di accettarci l'un l'altro e comprendere i nostri diversi modi di pensare. Io ero già partito consapevole che avrei dovuto mettere il mio ego da parte, dato che anche in Cina vista la mia posizione ed il mio lavoro sono abituato a comandare e dirigere le cose. Qui l'intelligenza stava nel godersi il viaggio e non pensare di imporsi come prima donna.
C'è un aneddoto curioso che ti piacerebbe raccontarci della tua avventura a Pechino Express, che non è stato mandato in onda?
Direi che ce ne sono a dozzine in realtà! La cosa di sicuro più eclatante è il modo folle in cui siamo scesi dal Vulcano Chimborazo durante la prova del trasporto del ghiaccio. Durante la discesa, il ghiaccio era attaccato ad un mulo, ma ogni 50 metri continuava a cadere perché era legato male. In quell'occasione Ciccio e Pascal si son messi a discutere su quale fosse il miglior modo per legarlo... ma il tempo scorreva e noi dovevamo perdere il vantaggio. Io, che non amo discutere, mi sono leggermente alterato e mi sono caricato il ghiaccio in spalla dicendo che avremmo fatto a modo mio. E così giù dal vulcano per chilometri con 20 kg di ghiaccio congelato sulla schiena. Con Pascal ce lo siamo scambiato in modo che l'altro riprendesse fiato e siamo arrivati primi superando anche altri concorrenti che erano davanti a noi. È stata una cosa folle e faticosissima, tanto che mi sono procurato una infiammazione alla cartilagine del ginocchio sinistro con la quale ho convissuto poi fino alla fine del programma. Ma lì ho avuto la chiara dimostrazione che litigare o discutere su chi sia il migliore a fare una cosa è assolutamente deleteria. In questi casi serve saper valutare quale è la soluzione più rapida e veloce.
Quali sono stati i luoghi e le prove che più ti hanno coinvolto? E quali, invece, quelli che avresti preferito evitare?
Devo essere sincero e dire che in realtà mi aspettavo più prove dove la mia prestanza fisica o comunque le mie abilità di marzialista mi sarebbero potute servire. Avrei gradito scalare la parete di una montagna o competere con qualche capoerista in Brasile. Prove più extreme, insomma. In ogni caso quasi la totalità delle prove che abbiamo affrontato mi hanno coinvolto: per la loro simpatia o perché comunque mettevano a dura prova la nostra resistenza. Di sicuro le più eclatanti sono state la missione della salina dove dovevamo portare chili e chili di sale su una bilancia dopo averlo raccolto e aver fatto di corsa una bella salita. E la missione della prova di recitazione della telenovelas "La Schiava Isaura". La prima è stata stupenda per il luogo dove ci trovavamo: delle saline sperse tra questi canyon mozzafiato... Ci hanno lasciato senza parole. La seconda prova, ovviamente, l'ho adorata per il semplice motivo che ritenendomi un attore abbastanza serio, per me recitare un ruolo da telenovelas era una cosa davvero comica. Appena ho visto la clip ho pensato: "Ok, qui recitare facendo il buffone o prendendo il giro il ruolo sarebbe stato troppo scontato. Vediamo di recitarla come se fosse veramente un ruolo serio di un film importante". Per fortuna Roberto Bertolini era della mia stessa opinione e così ci siamo messi a provare. Non vi dico le risate! Roberto era bravissimo. Sembravamo due attori professionisti caduti in disgrazia e costretti ad accettare ruoli assurdi ma interpretandoli in ogni caso al top delle nostre abilità. Le prove che avrei evitato, invece, sono quelle in barca: ce ne sono state ben tre e alla fin fine iniziavano a risultare un po' monotone. L'ultima è stata la migliore dato che abbiamo dovuto remare in due quindi è stato più divertente di sicuro. Ma ogni prova ha avuto il suo perché. Passando poi ai luoghi che mi hanno coinvolto di più, posso dire senza ombra di dubbio che sono stati tutti i luoghi che abbiamo attraversato in Perù. Il Perù per me è stato la vera rivelazione: il Paese che ha lasciato nel mio cuore un segno indelebile. Prima di tutto per i paesaggi: da lande desolati simil-Marte a vallate che ricordavano certi scenari dei nostri mitici spaghetti western; montagne innevate a vallate di un verde brillante. E poi Nazca: un luogo magico che sognavo di visitare sin da piccolo. Il Perù ha davvero una sua anima inimitabile che gli viene conferita anche dalle persone. La gentilezza, l'amore per le proprie tradizioni, il sorriso che ogni persona che incontravamo ci regalava. Una sera in particolare, quando ci siamo trovati ospiti di una umile famiglia di contadini che ci hanno cucinato una zuppa di legumi buonissima con quel poco che avevano. Anche dopo che le telecamere si erano spente abbiamo continuato a chiacchierare e raccontarci a vicenda aneddoti e caratteristiche dei nostri Paesi. In quella serata abbiamo vissuto fino in fondo l'anima del Perù e dei suoi abitanti.
E della prova "Deserto Desnudo", cosa ci dici? Come l'avete presa in quel momento?
Quella è stata una prova che davvero non ci aspettavano! Io e Pascal eravamo in testa e la corsa nel deserto vestiti era già durata a lungo. Pensavamo che quella bandiera fosse la metà finale. Siamo arrivati di fronte a Costantino letteralmente senza fiato e ci siamo trovati di fronte a questo cartello dove erano spiegate le tre opzioni. La prima appunto, oltre mantenere il vantaggio era privarsi completamente di tutti i vestiti. Io e Pascal non abbiamo perso neanche un secondo a leggere le altre opzioni. Ci eravamo fatti in quattro per arrivare in testa e niente ci avrebbe impedito di restarci. Quindi via, a spogliarci tra risate e battute a profusione. Io in quel momento però ho pensato, dato che ormai molti sanno della mia idea di far distribuire questa edizione di Pechino Express anche in Cina visto l'interesse dei miei fan laggiù e dei miei colleghi di lavoro, che sarebbe stato un bel casino far digerire in Cina quella prova. Da un lato mi spogliavo e dall'altro pensavo ad un eventuale montaggio che avrebbe potuto salvare capra e cavoli. Diciamo che è stata una prova surreale ma assolutamente fantastica.
Siete partiti come una fra le coppie più amate della carovana. Puntata dopo puntata, però, avete attirato le antipatie di molti. Oggi sei rimasto in contatto con qualcuno dei viaggiatori di Pechino Express? Si, questo purtroppo è vero. Però io sono sempre dell'opinione che i più forti attirano sempre molte antipatie. Siamo stati degli avversari quasi invincibili sotto tanti punti di vista. Visto però le nostre carriere e i nostri percorsi all'estero ovviamente avevamo una marcia in più nel comunicare con le persone del posto e nell'affrontare anche situazioni difficile. Per esempio, una cosa che è stata tralasciata dal montaggio è che noi abbiamo passato tantissime notti digiuni. Più di una volta ci siamo ritrovati in case veramente povere dove ci è stato offerto magari un po' di latte e basta, che noi abbiamo accettato con grande riconoscenza. E le giornate successive ci siamo buttati nella gara a stomaco vuoto e abbiamo reso comunque il massimo. Io come accennavo, ho fatto il 70% delle tappe con un ginocchio malandato ed infiammato ma non mi sono fermato un secondo. Abbiamo sofferto più di tutti sotto questo punto di vista e oltretutto, mentre molti cercavano alloggi in alberghi o case lussuose, noi siamo sempre andati alla ricerca della genuinità della gente del posto: abbiamo dormito in terra anche in stanze infestate di scarafaggi senza mai rifiutare l'ospitalità di nessuno. Abbiamo giocato con grinta ma godendoci al 100% i posti e le famiglie che visitavamo. Personalmente sono rimasto in contatto quasi con tutti: da Scialpi e Roby, a Pinna e Roberto, a Fariba, Giulia, Ciccio... Ci sentiamo ancora e spero capiteranno occasioni perché le nostre strade si incrocino di nuovo. Io sono convinto che l'amicizia ed i rapporti umani siano la cosa fondamentale della nostra esistenza, quindi tendo ad andare d'accordo con tutti. Poi il nostro gruppo gioco a parte era affiatatissimo.
Cosa dobbiamo aspettarci dalla Finale?
Scintille! Ovviamente non posso accennarvi molto ma vi posso assicurare che ne vedrete delle belle. Nella puntata finale posso dire con sicurezza di essermi sentito come dentro ad uno dei film che interpreto in Cina. Tanta azione, adrenalina, frenesia, prove su prove, tempi limitatissimi. Era come trovarsi a lottare contro il tempo in un film in stile "Die Hard", dove se fai tardi anche di un secondo un ordigno letale esploderà. È stata una puntata all'insegna della corsa sfrenata, in auto, a piedi... E poi le coppie rimaste in gioco erano le più dure in assoluto nonché quelle che prevedevo sarebbero arrivate in finale sin dall'inizio. Voglio dire, quando i tuoi avversari finali sono Roberto Bertolini e Fariba, sai già che ti aspetta una lotta all'ultimo sangue. Sono fortissimi! Oltretutto vi faremo vivere una Rio de Janeiro davvero inedita, ci potete contare!
Come è nata la tua passione per le arti marziali?
È stata tutta colpa di un film di Jackie Chan! (ride, ndr). Avevo otto anni. Comprai ad un mercatino una VHS che aveva sulla copertina questo attore dai tratti somatici singolari, che attaccato ad un elicottero scappava da una mastodontica esplosione mentre eseguiva un calcio volante. Già dalla locandina capii che il film prometteva bene. E così fu davvero. Quell'attore misterioso faceva cose che nemmeno Stallone o Bruce Willis facevano e tutto senza effetti speciali o controfigure. E poi combatteva - oh come combatteva! -: calci volanti, salti acrobatici, colpi velocissimi mentre si trovava sul tetto di un treno in corsa. Quell'arte di lotta di cui era evidentemente grande maestro mi affascinò immediatamente. Scoprii che si chiamava Kung Fu cinese. E da lì iniziai a cercare tutti questi famigerati Kung Fu Movies. Scoprii poi Bruce Lee, Donnie Yen, Gordon Liu.. Ognuna di queste star aveva il suo stile e da li dissi a me stesso che anche io sarei diventato un campione di questa letale ed elegante arte cinese. Crescendo, la mia passione si allargò a tutte le arti marziali in generale. Inizia ad informarmi e conoscere di più su stili di altri Paesi. Dalla Corea al Brasile, dal Jujitsu al Silat. Inizia a scoprire un mondo unico e variegato. E così la mia passione mi portò alla pratica dei più disparati stili marziali che poi avrei unito sotto un unico stile che adesso uso nei miei film in Cina.
Online abbiamo scoperto che sarai protagonista in un film al fianco di Luca Argentero. Ci racconti di più di questo progetto?Sulla carta, sembra un remake italiano di "Colpo Grosso al Drago Rosso"...
Direi che il paragone con "Colpo grosso al Drago Rosso" calza a pennello. Il film è concepito esattamente come una buddy comedy: una specie di "Arma Letale" unito alle arti marziali. Con Luca Argentero prevediamo di racchiudere nel film tutti gli stilemi classici di questo genere: dalla coppia di poliziotti agli antipodi(uno che mena tanto e parla pochissimo e l'altro che chiacchiera tantissimo e combina tanti guai) alla classica commedia slapstick, con scene d'azione ai limiti dell'impossibile. La differenza che però questo film avrà è che in parallelo alla sua anima di commedia d'azione, vedrà protagonista anche una bellissima atmosfera più noir e pulp. I nostri personaggi saranno comici ma saranno anche estremamente complessi: quasi due eroi dannati dal passato e dalle vite piene di drammi e difficoltà sia nella sfera affettiva che lavorativa. Nel film prevedo la partecipazioni di un nome storico del nostro cinema quindi questo progetto rappresenta, almeno nella mia visione, un vero e proprio revival dei nostri mitici poliziotteschi. Una buddy comedy ma dallo spirito più dark.
Nell'ultimo periodo la tv italiana si è spesso affacciata alla Cina e ai Paesi orientali. Cosa c'è in quei luoghi che affascina così tanto gli italiani?
L'Oriente ha senza dubbio un fascino che attira tutti noi in quanto occidentali. La nostra vita, la nostra esistenza qui in occidente si basa su valori che definirei più papabili e comprensibili alle nostre menti. Siamo più abituati a vivere di cose concrete, persino troppo direi. Per noi la vita è lavoro, famiglia, vacanze... Dedichiamo pochissimo (se non quasi zero) tempo alla cura di noi stessi e della nostra interiorità e questo si osserva con chiarezza nel nervosismo che spesso ci affligge. In Oriente, invece, l'aspetto spirituale è importante tanto quanto quello esteriore. La cura di questa parte interna si sente a pelle, nella calma delle persone, nel loro modo di affrontare la routine quotidiana. Nonostante la frenesia che sappiamo esistere in grandi città come Pechino o Shanghai, si nota in ogni caso un ordine di fondo che permette a città così popolose di andare avanti senza troppi problemi. Immaginatevi una Roma con 25 milioni di abitanti: sarebbe l'apocalisse il giorno dopo. Oltretutto questo aspetto interiore e misterioso si respira anche a livello visivo in terra cinese.: i luoghi di culto, i monumenti antichi, i vecchi villaggi... C'è qualcosa che ci affascina, che ci attira proprio perché estraneo del tutto dalla nostra concezione di vita. E per quanto si possa cercare di dare una definizione precisa a tutto ciò, sono convinto che rimarrà sempre il grande mistero di quello che noi chiamiamo il "fascino dell'Oriente". Finché resterà un mistero potete contare sul fatto che non smetteremo mai di esserne attratti.
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