Eravamo parecchio dibattuti se pubblicare o meno questa recensione in quanto il tema trattato da questo nuovo docu-reality ha urtato la sensibilità di chi ve ne sta scrivendo. Parlare fra il serio e il faceto di cari defunti non è mai una cosa semplice e veder trattato l'argomento in prima serata con battutine sarcastiche, sorrisetti e improbabili ricostruzioni stile barzellette di Uccio De Santis ci ha messo qualche brivido addosso. A cosa ci riferiamo? Al nuovo docu-reality esperimento di Real Time dal titolo Questa Cassa non è un Albergo, con due "s" proprio per giocare con il noto modo di dire e il sinonimo di bara; già questo non lasciava presagire nulla di buono ma, facendo nostro una massima di Giorgio Faletti, abbiamo preferito non giudicare il libro dalla copertina e abbiamo guardato tutte e tre le puntate del programma che sarà in onda questa sera - 2 novembre 2023 - in prima serata sul canale 31.
Questa Cassa non è un Albergo è un nuovo docu-reality che affonda le radici in un trend lanciato al successo proprio da Real Time: quello dei family business, il racconto di aziende a gestione familiari che nella loro normalità diventano speciali. Un genere che campa sull'empatia che i protagonisti trasmettono allo spettatore finale in quanto filmati nella loro vita di tutti i giorni. Una empatia che in questo nuovo esperimenti televisivo sembra venire a mancare.
Nel dettaglio, le tre puntate di questa prima stagione di Questa Cassa non è un Albergo ci portano alla scoperta della famiglia Taffo. In apertura scopriamo Luciano Taffo, il "boss" dell'azienda di servizi funebri che ci tiene subito a precisare che in azienda molti lo chiamano "il faraone" o addirittura "l'imperatore". È il fondatore dell'attività, figlio di falegnami, e sul groppone c'ha fieramente oltre 100mila esequie realizzate. Poi, con delle entrate che nemmeno nel film di Gomorra, vediamo sbucare eleganti ed ingioiellati, i due figli: Alessandro Taffo, il responsabile commerciale dell'impresa funebre nonché estro creativo, a cui si contrappone Daniele Taffo, il figlioletto bello da morire che in azienda svolge il ruolo di responsabile amministrativo. Nonostante i due fratelli vantino due animi diametralmente opposti quando si tratta di lavoro, non disdegnano il fatto di copiarsi vicendevolmente qualsiasi cosa: si sono fatti lo stesso tatuaggio, hanno lo stesso modello di automobile, si sono sposati con due sorelle della stessa famiglia e condividono persino la stessa scheda di allenamento; allenamento che fanno in una palestra allestita direttamente dentro gli stabili di Taffo Funeral Services, fra il call center, il parcheggio per le auto funebri e il magazzino con le bare.
I fratelli Taffo Alessandro e Daniele |
Scavando a fondo nel programma, finiamo per conoscere anche Luana Taffo: moglie di Luciano, è la responsabile dei servizi funerari dedicati agli animali domestici. È lei che in prima persona accoglie gli ex padroncini di animaletti oramai defunti e contratta il trattamento da riservare al "pet" estinto. All'animaletto schiattato viene spesso consigliata una camera ardente da allestire in un ufficio apposito su una lettiga e poi una cremazione da riversare in un urla generica o addirittura in oggetto in ceramica a forma di animale: "Così diventa un soprammobile!" esclama Luana davanti ad una signora a cui è appena morto il coniglietto.
Fatto salvo che dopo quattro paragrafi di recensione non siamo riusciti a trovare una sola cosa positiva (già di per sé un requiem fatto e finito), siamo costretti a fare una analisi ancora più approfondita sul programma per carpirne l'essenza. Il vero motivo per cui Questa Cassa non è un Albergo non è un prodotto che funziona è che ammazza sul nascere quello che dovrebbe essere il punto forte di questa produzione: essere reali. In questo docu-reality di reality non c'è assolutamente nulla e gli spunti che arrivano al pubblico sulla totale finzione di questa serie sono parecchi nonostante il minutaggio di ogni episodio sia davvero contenuto: poco più di 20 minuti. ⭐
Ogni puntata si apre con il risveglio di un membro della famiglia, in piena notte, dovuto alla telefonata di un cliente che necessita di organizzare un funerale. Come faccia a trovarsi in camera da letto una telecamera accesa proprio in piena notte è un mistero. Ma anche peggio è quando si corre sul posto di lavoro dove tutti sembrano inscenare dei copioni infarciti di battutine a doppio senso sui funerali: "Eh ma a tutto c'è rimedio tranne ad una cosa...", "il nostro è un business che non morirà mai", "Oh, e oggi che cos'è questo mortorio?!", "Quando le nostre mogli ci vedranno così, faranno la faccia da funerale!" e così via.
Battutine che vengono proposte nel corso delle puntate anche sui numerosi gadget inquadrati non a caso in prima piano: "Non rimandare più che poi magari muori" sulle maglie, "Spendi tutto che la vita è un mozzico" sulle borsine della spesa, sulle tazze "qui lasciaci le penne", sui taccuini "qui le mie ultime memorie" e sulla borraccia eco-friendly "Torneremo terra, manteniamola pulita". Il troppo stroppia.
Il black humour dei gadget Taffo |
A proposito di gadget, c'è del mistero anche attorno alla diatriba fra i due fratelli Taffo sulla volontà di produrre o meno dei materassini gonfiabili a forma di cassa da morto; un oggetto che però appare nel materiale promozionale del brano che fa la sigla al programma già nel lontano 2019: "Magari Muori" di Romina Falconi. ⭐ E non di meno, le pagine social dell'attività consigliavano l'acquisto del suddetto gonfiabile per il mare addirittura nel 2018. Perché sfossare questo tema nel 2023? Anche qui si tratta di finzione scenica?
Andiamo avanti. Non potendo mostrate veri funerali - per ovvie questioni di privacy - Questa Cassa non è un Albergo è infarcita di simulazioni tirate in ballo con l'escamotage del flashback: ai protagonisti del docu-reality viene sempre in mente un fatto curioso accaduto in passato che viene mostrato al pubblico con una scadente drammatizzazione a metà fra le mini-fiction di Quarto Grado e le barzellette "vestite" di Uccio De Santis.
Questo è il tallone d'Achille del programma: l'assenza dell'evento. Rispetto ad altri family business come Il Boss delle Torte o Il Castello delle Cerimonie, Questa Cassa non è un Albergo ci può mostrare solo pochi spiragli della preparazione all'evento e non l'evento in sé su cui poi effettivamente gira la narrazione del docu-reality. È un po' come seguire un tutorial di 20 minuti su come realizzare una Torta Paradiso senza poi poter vedere la torta finita. C'è poca soddisfazione.
Viste le numerose criticità di questo docu-reality (che a tutti gli effetti ci sembra uno scripted reality), ci sentiamo vivamente di consigliare ai signori di Warner Bros Discovery Italia di raccogliersi in silenzio, pregare che gli ascolti non risultino così tremendi e poi chiudere definitamente il coperchio su questa produzione. Non ammettiamo resurrezioni.
Questa Cassa non è un Albergo. Voto finale: 2 ⭐ su 10.
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