In sostituzione di #Cartabianca (il talk della fuggiasca Bianca Berlinguer), la Rai a trazione meloniana ha deciso di rinnovare in palinsesto il talk show Filorosso; un programma già andato in onda lo scorso anno con la doppia conduzione affidata a Giorgio Zanchini e Roberta Rei ma che è tornato in onda dal 4 luglio 2023 con una nuova padrona di casa, la telegiornalista del Tg2 Manuela Moreno. Un test parecchio fallimentare visti gli ascolti al di sotto di quanto stimato ma, ad aggravare al situazione, c'è di più. In un articolo d'inchiesta pubblicato su valigiablu.it, una delle ospiti della trasmissione ha rivelato di esser stata messa alle strette a causa di alcune imprudenti modifiche ai temi che avrebbe dovuto trattare; la donna è passata dall'essere inquadrata come scrittrice e giornalista a testimone vivente di uno stupro, ad insaputa della stessa ospite che era andata su Rai3 per parlare dell'argomento in altri termini.
Queste le parole di Valentina Mira, testimone di quanto incredibilmente accaduto nella trasmissione Rai:
Ho deciso di dire di sì all’invito fattomi dalla trasmissione Filorosso su Rai3, con il tramite di un autore della stessa casa editrice con cui è uscito il mio primo libro. Carmine Gazzanni si sarebbe dovuto occupare di un servizio in cui intervistava persone uscite da situazioni di violenza. Conoscendo il suo tipo di giornalismo, l’ha fatto magistralmente. Il servizio non è mai andato in onda. Mentre veniva deciso che la voce delle donne vittime di violenza non era quella che interessava, come donna vittima di violenza intervistavano me. Il modo in cui è andata questa esperienza - che annovero nella top ten delle cose più spiacevoli che mi sono capitate nella vita - grida vendetta.
La condizione che avevo posto alla trasmissione, anche sentendo la mia agente letteraria, era di non essere presentata come una vittima ma come una scrittrice. Avevo inoltre informato - e visto che sono malfidata, ribadito direttamente alla conduttrice in sala trucco - che sono una collega. Anch’io lavoro nel giornalismo, peraltro proprio per un’emittente pubblica.
Questa premessa per dire che io e Manuela Moreno siamo colleghe. Che sono una professionista che lavora nel suo stesso settore. Quindi le modalità con cui si è svolto qualcosa che avevamo concordato non sarebbe avvenuto (pornografia del dolore e ri-vittimizzazione, infantilizzazione) sono ancora più spiacevoli. Una Rai che prova a costringere, stavolta non riuscendoci, una professionista a entrare in uno stampino a forma di vittima. A che pro? Assurgere al suo ruolo nel teatrino presepico di una puntata interamente ambientata a Caivano, in cui ognuno doveva servire a legittimare le politiche di Governo.
[...] La coreografia prevedeva che io fossi seduta su una panchina rossa, perché se dall’altra parte ci sono i lupi era importante sottolineare che questa - io - doveva essere Cappuccetto Rosso. Sono stata presentata come “Valentina”. Solo Valentina. Nessun cognome. Nessuna identità. “Voglio introdurre Valentina” - pausa a effetto - “Valentina è una ragazza molto timida, quindi cercheremo di parlare insieme, ma datemi una mano anche a supportarla”. La conduttrice continua: “Per la prima volta in esclusiva con noi racconta la sua storia”. Io non ho mai detto che avrei raccontato la mia storia. E non c’è alcuna esclusiva. Il libro è uscito due anni fa.
La mia storia pubblicamente l’ho raccontata lì, quello era lo spazio che ritenevo degno della complessità che riguarda la violenza di genere, non un quarto d’ora in televisione. Quarto d’ora che si ridurrà della metà (8 minuti, per l’esattezza). La conduttrice vede poi il libro sulla panchina e ricorda magicamente che ho un cognome. Non dice comunque il titolo del libro. Dice tuttavia che “ci torneremo tra un attimo”. Spoiler: non lo farà mai. Non si parlerà di libri. È sangue che vogliono: il mio.
Le lunghissime dichiarazioni sulla totale vittimizzazione di una giornalista, che sarebbe dovuta andare in tv a fare tutt'altro, continuano nel suo lungo intervento online (che trovate qui):
Visibili online sono anche i due tentativi di invadere perfino il mio spazio fisico. Vengo invitata a mostrare la mano dove ho un tatuaggio. La telecamera indugia sulle mie mani, cosa che avevo, anche questa, posto come condizione di ciò che non doveva succedere. [...] Io ero lì per parlare di dati, statistiche, parlando di sentenze, di leggi. Ho rifiutato ogni domanda personale con gentilezza ferma. Avrei voluto poter parlare senza essere interrotta con aggressività ogni tre secondi [...] Nessuno vorrebbe essere trattato così, e far pensare che è questo il modo in cui trattare una persona a cui, ieri o dieci anni fa, qualcuno ha fatto violenza, è il peggior disservizio che si possa dare alla collettività.
A queste gravi accuse - online da circa una settimana - non è seguita nessuna risposta ufficiale né da parte della Rai né tanto meno della conduttrice. Sarebbe stato forse il caso di affrontare l'argomento?
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