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Pro Referendum mandati in ferie forzate: Tribunale condanna la Rai

Tribunale del lavoro di Busto Arsizio condanna Rai per aver imposto ferie obbligatorie a sostenitori del Referendum dell'8 e 9 giugno 2025.

Tv Italiana 03/06/2025

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Se da un lato ci sono le parole dei dirigenti Rai che parlano di nuova pluralità, dall’altro ci sono i fatti che di pluralità non ne lasciano trasparire alcuna. È finita su molte pagine di giornali online la gravissima notizia riguardante una condanna che Rai ha subito circa una imbarazzante circolare emanata fra i dipendenti che imponeva ferie forzate o peggio ancora aspettativa non retribuita a tutti coloro che in qualche modo erano sostenitori diretti del Referendum del prossimo 8 e 9 giugno 2025. Una decisione considerata come “discriminatoria” l Tribunale del lavoro di Busto Arsizio. Una faccenda misteriosamente assente sui quotidiani nazionali e sul principali siti e blog a tema televisvio.

Pro Referendum in ferie forzate: Tribunale condanna la Rai

Il caso è esploso poco tempo fa a seguito di un ricorso presentato dagli avvocati Matilde Bidetti e Carlo de Marchis per conto di una dell’associazione contro le (ANLOD) e il sindacato lavoratori della comunicazione della Cgil (SLC). Secondo l’accusa la decisione di imporre ferie a dipendenti Rai e collaboratori attivi in partiti, sindacati e comitati pro Referendum è una violazione dei diritti fondamentali di partecipazione politica e sindacale garantiti dalla Costituzione. Il tribunale ha concordato con i suddetti dubbi parlando in un “oblio lavorativo” che “imposto da una circolare non è né utile né necessario, specialmente quando colpisce chi, fuori dall’ambiente lavorativo, esercita diritti democratici in maniera del tutto legittima, si legge su Collettiva.it.

Stando a quanto riporta al FNSI – Federazione Nazionale Stampa Italia -, l’analisi della sentenza sarebbe davvero molto ferrea: “La circolare estende il divieto a qualunque prestazione audiovideo resa da lavoratori e collaboratori, anche se non richiedono neppure una loro messa in onda […] e che i loro nomi non possano essere inseriti come responsabili, autori o collaboratori delle trasmissioni. Il giudice richiama il diritto di questi lavoratori “a partecipare attivamente alla vita sociale del Paese durante la campagna referendaria e politica” e “la libertà di esprimere legittimamente le proprie opinioni politico-sindacali”, di “associarsi, manifestare e agire democraticamente senza subire discriminazioni o penalizzazioni”.

Infine, riporta La Repubblica, che il Tribunale avrebbe persino approvato la volontà di evitare dipendenti che hanno intenti specifici al propagandismo – specie se sono volti che vanno in onda – ma non è possibile approvare un vero e proprio oblio per tutti i dipendenti, a tappeto: “Non appare necessaria l’inibizione dell’attività lavorativa o l’imposizione di un oblio nei confronti di lavoratori o prestatori che in altri ambiti e contesti agiscono coerentemente con il loro legittimo pensiero”.

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