Polemiche

‘Rai è TeleMeloni’: l’analisi di un ente europeo fa imbestialire Viale Mazzini

In una ricca analisi sulle tv europee, Reporters Sans Frontières racconta che Rai oggi è TeleMeloni. La replica stizzita da Viale Mazzini.

Tv Italiana 09/08/2025

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Da quando si è insediato il nuovo management Rai in linea con la scuola di pensiero del Governo vigente, la Rai è stata bollata come TeleMeloni: una televisione piegata agli interessi e agli amichettismi della Premier e dei suoi sodali. Da ottobre 2022 se ne parla senza grossi problemi anche a causa di tutta una serie di gravi accadimenti che spesso sfociano in polemiche, accesi dibattiti online e lunghe riflessioni. Le numerose querele a Report e Sigifrido Ranucci, la censura a Scurati e la conseguente punizione per Serena Bortone, la fuga di fuga di Lucia Annunziata, il rinnovo contrattuale mancato a Flavio Insinna e Fabio Fazio, i giornalisti dei Tg Rai impossibilitati dal poter fare interviste ai politici di spicco della Destra, ecc.; di temi ce ne sono stati davvero tanti. A far una cernite di accuse ben precise è stato l’ente europeo Reporters Sans Frontières che nel lungo documento di analisi dal titolo “Pressioni sui media pubblici” ha inchiodato al muro l’attuale Rai del duo Roberto Sergio – Giampaolo Rossi in un capitolo creato ad hoc dal titolo “L’emittente pubblica italiana: da Mamma Rai a TeleMeloni”. Affermazioni gravi che hanno costretto Rai a correre ai ripari con una risposta ufficiale.

Reporters Sans Frontières: “Rai è TeleMeloni”

Negli otto paragrafi di analisi fatti da Reporters Sans Frontières sulla Rai di oggi, l’ente mette in fila tutta una serie di gravi situazioni che a loro dire renderebbero la nostra Tv di Stato un agglomerato di “autocensura” e di “cancellazioni delle voci critiche“. Nel paragrafo introduttori, RSF spiega che “i giornalisti RAI hanno denunciato un netto aumento delle pressioni da parte del management dell’azienda da quando è salito al potere il governo di estrema destra di Meloni“, continuando poi con alcuni esempi celebri di come l’attuale governance starebbe riscrivendo la pluralità delle voci in Rai sfruttando “lacune legislative“, si legge.

Nel grande calderone degli esempi, viene citato lo sciopero di 24 ore indetto dai giornalisti Rai per far fronte alle troppe problematiche registrate nelle redazioni; sciopero che, ricordiamo, il direttore responsabile Petrecca tentò di boicottare trasmettendo servizi già pronti, accorciando la durata dei notiziari e mandando in onda giornalisti evidentemente distanti alle proteste. Azioni per cui fu bacchettato dal Tribunale del Lavoro di Roma. Nel documento di RSF si cita anche il grande caos scoppiato a seguito della mancata presenza di Antonio Scurati su Rai Tre in occasione delle celebrazioni del 25 Aprile la cui cancellazione era prima stata giustificata come “scelta editoriale”, poi legata ad un presunto product placment di una serie tv Sky e infine si rivelò che era una questione puramente pecuniaria, con la Premier in persona costretta a difendere l’operato di Rai con un fantozziano post Facebook.

Reporters Sans Frontières cita anche Sigfrido Ranucci e il calvario che sta passando da novembre 2023 fra convocazioni presso l’organo di Vigilanza Rai e querele fatte da vari politici di Destra che – fino ad oggi – hanno sempre visto vittoriosa la redazione del programma d’inchiesta del giornalista. A tal proposito, RSF cita persino alcune fonti anonime in Rai che racconta quanto segue:

Giorgia Meloni è stata l’ospite principale di un programma a cui stavo partecipando, dopo diverse settimane di silenzio su un grave caso che coinvolgeva un potente politico libico, Al-Masri. La Corte Penale Internazionale aveva emesso un mandato di arresto nei suoi confronti e avrebbe dovuto essere incarcerato. È stato intercettato, arrestato e poi rilasciato dal governo, che gli ha permesso di tornare in Libia. Nessuno ha potuto interrogare Meloni al riguardo. Il conduttore/trice del programma l’ha accolta calorosamente ed è stata eccessivamente amichevole, e abbiamo potuto farle solo domande insignificanti. Nessuno ha menzionato la vicenda libica: le era stato assicurato in anticipo che l’argomento non sarebbe stato sollevato.

Altre due fonti anonime hanno spiegato che non si respira proprio un bel clima nella newsroom giornalistica Rai:

1. Abbiamo ricevuto istruzioni dalla nostra dirigenza di non parlare negativamente di Donald Trump.[…]  Articoli proposti sui notiziari internazionali sono stati ignorati.

2. La RAI è diventata un grande mercato in cui i politici scambiano influenza, reputazione, posti di lavoro, stipendi e contratti con le società di produzione. Pur essendo servizio pubblico…

Reporters Sans Frontières dà poi una mazzata finale all’attuale AD della Rai, Giampaolo Rossi e a Angelo Melloni, direttore dei programmi d’Intrattenimento Daytime:

Giampaolo Rossi, grande ammiratore di Vladimir Putin, Viktor Orbán e Donald Trump, è stato nominato direttore generale della RAI nel 2023. E la posizione strategica di direttore della programmazione daytime è stata affidata ad Angelo Mellone, scrittore ed ex membro del movimento giovanile neofascista. 

L’intero documento è consultabile a questo link. 

Rai non è TeleMeloni: la replica a Reporters Sans Frontières

Non è di certo mancata la replica della Rai vista la gravita delle accuse mosse. In una nota, la tv di stato ribatte:

In riferimento al report “Pressure on Public Media” pubblicato da Reporters Sans Frontières (RSF), Rai esprime sorpresa e rammarico per il contenuto del paragrafo dedicato all’azienda italiana del Servizio Pubblico. Il report si distingue per impostazione metodologica fragile, affermazioni non circostanziate e contenuti distorti. Il ricorso a fonti anonime e la totale mancanza di verifica e confronto con RAI compromettono la credibilità complessiva del rapporto.

In un ulteriore documento di risposta – che trovate cliccando qui – Rai reputa non valide tutte le dichiarazioni riportate in forma anonima in quanto a loro dire “l’anonimato delle fonti è ammissibile solo in presenza di un fondato rischio per l’incolumità della fonte stessa” e che l’analisi contiene “giudizi di tipo ideologico“. E ancora: Rai smentisce di aver censurato Scurati, che per regolamento è possibile convocare in Commissione di Vigilanza Sigfrido Ranucci ogni volta che ne si ha necessità, e che Rai non si è buttata a Destra in quanto sono accuse “infondate e basate su retroscena giornalistici piuttosto che su dati di fatto“.

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